La Massa Adiposa è costituita da tutti i lipidi estraibili dai tessuti adiposi e da altri tessuti del corpo. I tessuti adiposi esterni vengono spesso identificati come grasso cutaneo, mentre i tessuti adiposi interni vengono identificati come grasso viscerale. Il sovrappeso e l’obesità aumentano il rischio di ipertensione e ictus specialmente nei soggetti maschi dove lo stato delle arterie e coronarie tende ad aggravarsi. L’individuo con aumento di adipe localizzata nella parte addominale o nella parte superiore del corpo tende a depositare un eccesso di grasso viscerale sottocutaneo nella regione addominale.
L’eccesso di adipe viene rappresentato spesso da un aumento di circa il 25% del peso corporeo negli uomini e da circa un 32% nelle donne. L’accumulo di massa grassa è causato dall’aumento sia del numero delle cellule adipocite che dall’aumento di volume delle stesse.
L’Organismo Mondiale della Sanità classifica come sovrappeso un valore del BMI Body Mass Index tra 25 e 29,9 negli uomini e tra il 23,9 e il 28,6 nelle donne.
Prima di intraprendere qualsiasi terapia dietetica o programma di attività fisica è fondamentale eseguire un’analisi della composizione corporea dettagliata.
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Perché sono a dieta ma ingrasso?
di Vivereinforma
La mini-review del Dott. Quing Yang “Gaining weight by going diet?”, che analizza l’effetto dei dolcificanti nella dieta, ci può aiutare a risolvere la controversia legata all’utilizzo di dolcificanti. Nell’articolo cercheremo di presentare l’argomento in modo quanto più oggettivo per lasciare a voi lettori la scelta riguardo alla possibilità di dolcificare o meno le bevande.
Dolcificanti artificiali: un po’ di storia
L’acido anidro-orto-sulfamin-benzoico, circa 300 volte più dolce dello zucchero, è uno dei primi dolcificanti artificiali sintetizzato da Constantine Fahlberg, ogggi lo conosciamo come “saccarina” e inizialmente venne commercializzato esclusivamente per le persone con diabete.
Le ricerche in tale ambito sono proseguite e sono stati ottenuti svariati dolcificanti, dal ciclamato all’aspartame al neotame, all’acesulfame potassio, fino ad arrivare al sucralosio, ben 600 volte più dolcificante dello zucchero, ottenuto per semplice sostituzione di un gruppo chimico nella molecola del saccarosio (ovvero il comune zucchero da cucina).
I dolcificanti e i cibi che fanno ingrassare
Per conservare qualunque sapore di dolce nella dieta, nel vano tentativo di evitare cibi che fanno ingrassare, spesso si ricorre all’uso del dolcificante per soddisfare il desiderio di dolce senza inficiare sulla perdita di peso. Eliminare o ridurre zucchero e dolcificanti calorici (miele, fruttosio, sciroppi) è senza dubbio utile per raggiungere uno stato di forma e salute ottimali. È vero allo stesso tempo che ricorrere a dolcificanti artificiali può essere d’aiuto?
Da numerosi dati ricavati da studi epidemiologici emerge il contrario. Come si può osservare dalla figura seguente, la percentuale di persone con un BMI>30 è aumentata nel corso del tempo nonostante sia analogamente cresciuto il consumo di dolcificante.
È da tener presente che sono stati presi in considerazione studi osservazionali o prospettici, infatti notiamo come negli anni aumenta anche il consumo di zucchero:
Si potrebbe arrivare alla conclusione che il motivo del perché si ingrassa è da attribuire al consumo maggiore di zuccheri (o in generale più cibo spazzatura), non solo di dolcificanti. A questo punto possiamo tentare di rispondere ad un’altra domanda: e se ci fosse una correlazione tra maggiore consumo di dolcificanti e anche di zucchero?
La domanda sorge soprattutto a seguito di alcuni studi citati dall’Autore (trial randomizzati e controllati) nei quali venivano confrontati due campioni di persone, uno consapevole di consumare alcuni prodotti “light” (dolcificati con aspartame), e l’altro no. Il primo tendeva a mangiare di più rispetto al secondo suggerendo una condotta compensatoria: le calorie “risparmiate” con prodotti light mi permettono di concedermi uno sfizio in più.
Studi sperimentali sui dolcificanti e sui cibi che fanno ingrassare
È ormai noto dagli articoli che trattano la neurobiologia del controllo alimentare che il sapore dolce aumenta di il consumo di cibo, o meglio l’impulso verso di esso. Dalla review si può capire che l’assunzione di capsule di aspartame non comporta alcun cambiamento nei punteggi di fame e sazietà, mentre quella di acqua dolcificata con aspartame si: risulta quindi che a determinare un desiderio aumentato di alimenti dolci è il sapore e non il dolcificante in sé. Inoltre, bere acqua dolcificata non dà lo stesso effetto dell’ acqua zuccherata, infatti, la seconda riduce effettivamente il senso di fame o la piacevolezza del consumo di altri alimenti dolci. Di fronte al sapore dolce, ma senza un relativo apporto energetico, l’organismo ci induce a colmare questo gap spingendoci inevitabilmente verso cibi che contengano quei nutrienti. Per fare un esempio: se bevo una Coca Light, probabilmente il mio organismo si chiederà dove sono le calorie attribuite a quel sapore dolce, e mi spingerà a consumare cibo per compensare la mancanza di contenuto energetico.
Risposta neuronale
Nel frattempo, abbiamo capito che la fame si divide in due componenti, una prettamente gustativa, l’altra legata all’ingresso dei nutrienti nel torrente ematico dopo che sono stati digeriti e assorbiti; parimenti si considera il “food reward”, ovvero la gratificazione indotta dal cibo. Le due componenti possono influenzarsi: a livello gustativo si sceglie il sapore associato a maggior densità di nutrienti; la preferenza per i cibi “light” o succedanei di cibi a maggior componente energetica, invece, va scemando col tempo.
Possiamo quindi dire che:
- Il sapore non è determinato dal solo gusto: se tra aroma di pesca e di fragola preferisco il primo, ma consumo yogurt magro alla pesca e intero alla fragola, finirò per preferire l’aroma della fragola (come è successo ai bambini di uno degli studi citati).
- Il sapore deve sempre associarsi al contenuto energetico normalmente relativo ad esso; se ciò non fosse vero, la preferenza per quell’alimento cala: in linea con l’esempio precedente, se preferisco l’aroma alla fragola, che ho associato con lo yogurt intero ma inizio a mangiare solo yogurt magro alla fragola la mia preferenza per questo gusto andrà diminuendo.
Queste due considerazioni possono frustrare perché sembra che il corpo vinca sempre; ma essendone consapevoli si può sfruttare questo meccanismo a nostro favore: un cibo sgradito che consumo controvoglia, può essere arricchito con altri più graditi e saporiti in modo da associarvelo e da poterlo consumare, dopo un periodo di adattamento, con meno fatica.
Per quanto riguarda i dolcificanti, il discorso è leggermente diverso in quanto essi attivano solo parzialmente la risposta del sistema mesolimbico: è presente la componente edonica ma non quella omeostatica. Come già detto quindi, se l’organismo non avrà ricevuto le calorie che si “aspettava”, crescerà il desiderio di consumare cibo.
Si può dimagrire con la dieta de-dolcificata
Citando il Dott. Yang, “de-dolcificare la dieta di tutto il mondo, può essere la chiave per agire in maniera decisa sul fenomeno epidemico dell’obesità.”
Il consumo di alimenti dolci (e densi di calorie) o dolcificati comporta irrimediabilmente il consumo di altri alimenti dolci, fa in modo che si generino la dipendenza compulsiva da zuccheri, che potrebbe essere una spiegazione a come si ingrassa. Bisogna quindi ridurne il consumo in generale perché così come la riduzione sistematica di grassi e sale senza un gusto “compensatorio” (e.g. succedanei dei grassi e sale iposodico) porta a sviluppare una preferenza per cibo meno grasso e salato, lo stesso meccanismo si instaura verso alimenti “zuccherini”.
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